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La speranza nell'orizzonte del dramma
La concezione della speranza nella filosofia di J. Tischner
Nuova versione dell'articolo pubblicato in "Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia", anno 8 (2006).
Keywords: speranza, tempo, passato, presente, futuro, uomo, Dio, affidamento, tradimento, tradimento passivo, tradimento attivo,
amore, scena, casa, officina, nascondiglio.
La questione della speranza appare nella filosofia di Józef Tischner già negli articoli scritti negli anni ‘60 e ’70, pubblicati soprattutto nel mensile “Znak” e nel settimanale “Tygodnik Powszechny” e successivamente raccolti nei libri Świat ludzkiej nadziei (Il mondo della speranza umana) e Myślenie według wartości (Pensare secondo i valori). Si sviluppa e matura fino ai pensieri contenuti nelle opere pubblicate molti anni più tardi come: Filozofia dramatu (Filosofia del dramma), (1998) e Spór o istnienie człowieka (Controversia sull’esistenza dell’uomo), (1998). È una delle questioni più importanti della filosofia di Tischner, possiamo persino parlare di una filosofia tischneriana della speranza, una filosofia formatasi sotto l’influenza sia del pensiero filosofico contemporaneo sia della vita in Polonia degli anni ‘70 e ‘80.
In questo articolo, che è solo un breve profilo della filosofia tischneriana della speranza, presenteremo le sue caratteristiche fondamentali, ossia rifletteremo sulla speranza come su un valore che si manifesta nell’orizzonte del dramma. Un valore provato dall’uomo, l’essere drammatico che vive «il tempo che gli è dato avendo intorno a sé gli altri uomini e la terra come la scena sotto i piedi». Il tempo, l’altro e la scena: ecco le tre dimensioni principali delle riflessioni sulla speranza.
Il tempo della speranza
Nella filosofia di Tischner l'uomo viene percepito come un pellegrino che vive sulla terra in un determinato tempo che può portargli una caduta o una speranza, ovvero la possibilità della vittoria. Tale uomo può vivere il suo tempo cogliendo le possibilità che appariranno davanti a lui, oppure perderlo e sprecarlo. Può capire il senso delle oportunità che si presenteranno nella sua vita e saper afferrarle nel momento giusto, ma può anche essere uno di quelli che non arrivano mai in tempo, che perdono tutte le occasioni. Nel suo viaggio attraverso il tempo, l’uomo sperimenta diversi valori, uno dei fondamentali è la speranza: «la portatrice di un’esperienza tutta particolare del tempo». L'uomo pellegrino vive nel tempo e nel tempo si presenta ed esiste anche la sua speranza.
Riflettendo sull'uomo degli scritti di Tischner, non si può dire che lui esista, ma piuttosto che si forma in continuazione, che avviene, crea sé stesso, si cambia e si perfeziona, oppure trascura sé stesso e la sua crescità e cade. Con il tempo che passa cresce e matura anche la speranza dell'uomo.
Nell’attuale sviluppo della speranza si trovano le tracce del passato che influenzano sia il suo aspetto d’oggi, sia quello di domani. La speranza si dirige verso il futuro che è più importante delle altre due dimensioni del tempo, ossia il passato e il presente, nonostante ciò anche essi ne hanno un significato rilevante e un ruolo notevole. Analizzando il passato della sua speranza l'uomo raggiunge i suoi fondamenti e ne attinge la forza per sostenere le prove e le sfide odierne. Affrontando le difficoltà che si presentano davanti a lui nel suo presente, intraprendendo la realizzazione delle varie azioni si dirige verso i loro frutti che si realizeranno nel futuro. Se non avesse la speranza che un domani le sue azioni porteranno l’adempimento dei suoi sogni e progetti, non riuscirebbe a fare niente, o riuscirebbe a fare davvero poco.
L'uomo è un pellegrino che cerca un suo posto sulla terra, attraversa il mondo come Ulisse, che Tischner sceglie come la rappresentazione della speranza rivolta verso il passato. Ulisse tornava nei posti dove era già stato, la sua speranza era racchiusa nella memoria, come scrive Tischner, aveva «la forma del cerchio». Il suo contenuto era composto esclusivamente dai ricordi del passato, per cui non dirigeva verso il futuro, ma tendeva alla ripetizione di ciò che era già avvenuto. L'uomo che vive secondo questo tipo di speranza si trasforma nel prigioniero del passato e cade in una malattia della speranza che si presenta sotto la forma di malinconia, ovvero una dolorosa consapevolezza che il tempo implacabilmente porta al futuro e così allontana dal passato, che viene percepito come un posto in cui regna la felicità.
Oltre alla speranza che inesorabilmente indirizza l'uomo verso il passato, Tischner diffrenzia un altro tipo della speranza e afferma che
La sorte del cristiano non è la sorte di Ulisse, che tutta la vita tornava là da dove era uscito. È piuttosto la sorte
di Abramo, che andava verso la terra promessa – una terra, che non aveva mai visto.
Tischner introduce nelle sue analizzi il cristianesimo, l'uomo della sua filosofia è un cristiano di cui speranza si dirige verso il Dio, che non è un Dio dei ricordi e della memoria, ma un Dio della speranza, che verrà nel futuro e con il quale l’uomo si unirà nel futuro. Secindo il filosofo polacco, il vero senso della vita umana non è «un senso chiuso» perché l'uomo può scegliere tra le due alternative: «la speranza secondo la memoria» e «la memoria secondo la speranza». Scegliere la prima significa seguire Ulisse e vivere un senso chiuso della vita che si realizza in una continua ripetizione del passato, in una ricerca di ciò che non c'è più. Scegliere la seconda vuol dire dirigersi verso il futuro e percepire il passato con un'adeguata riflessione e consapevolezza che insieme alla storia avviene anche l’uomo stesso. Tale speranza non è riempita esclusivamente di ricordi e di memoria, ciò però non vuol dire che essi non ne fanno parte, ma piutosto che la loro comprensione è diversa da come vengono percepiti da Ulisse. Tischner sottolinea che
non si deve creare la speranza dai ricordi. I ricordi sono importanti, ma non si devono mescolare i tempi – i ricordi
sono ricordi e la speranza è speranza. I primi riguardano il passato, la seconda il futuro.
L’uomo si rivolge al passato e ai ricordi nella situazione di crisi e di prova, lo fa per confermare le sue attese e la sua speranza. Quando si trova davanti ai problemi che gli sembrano essere invincibili, quando intorno a lui si accumulano e accrescono le difficoltà, allora arriva uno dei momenti essenziali nello sviluppo o nella caduta della vita dell'uomo, il momento della revisione della speranza. L’uomo giunge al passato e verifica su quale base è cresciuta la sua speranza, nelle mani di chi un giorno ha affidato il proprio destino. Attingendo dal passato della speranza l'uomo verifica i suoi fondamenti, quel processo è molto importante e significativo, perché senza lo ieri della speranza non ci sarebbe né il suo oggi, né il suo domani.
La fase successiva delle analisi del tempo della tischneriana filosofia della speranza è il presente. La speranza crea la possibilità di vivere il tempo in una maniera autentica, indica «il modo di collegamento dell’uomo con il presente. Grazie ad essa l’uomo può credere di agire nel presente in modo saggio». Nel presente l’uomo percepisce e comprende il mondo in maniera giusta o errata, intraprende le decisioni e concretizza le scelte, conferma sé stesso in quanto una persona dotata o non dotata d’eroismo. Tischner rileva che il presente è un posto in cui bisogna eseguire
una creativa sintesi del passato con il futuro. La speranza, andando verso il domani, prende nel contempo
qualcosa dal passato. Qualcosa, che secondo la sua convinzione può avere, oppure ha, un significato per il futuro.
Quindi, l’uomo deve conoscere il passato e sceglierne ciò che è vero e pieno di speranza e poi realizzarlo con la consapevolezza che dai valori e contenuti che ha scelto dipende dove arriverà e chi diventerà. Nel presente del tempo drammatico si realizza una sintesi fra quello che era e quello che sarà, si attualizza ciò che non c’è più e ciò che ancora non c’è.
Come l'emblema del presente della speranza Tischner sceglie il Samaritano Misericordioso: l’uomo che non ha deluso la speranza riposta in lui da un bisognoso, che ha accolto la sfida del momento e aiutando il prossimo ha fatto ciò che si doveva fare. L’autore della Filosofia del dramma sottolinea che il particolare tipo della speranza giudeo-cristiana proviene da un'esperienza caratteristica del tempo che sperimenta il pellegrino cristiano: l’esperienza del tempo delle benedizioni. Essa dà la forza di attendere un miglioramento della sorte e la speranza di credere che il male passerà.
L’ultimo elemento delle riflessioni sulla comprensione del tempo nella filosofia della speranza di Tischner è il futuro, verso il quale è indirizzata la dimensione elementare della speranza. Il filosofo di Cracovia afferma che «la speranza è l’apertura dell’uomo al futuro» e indica che «l’esperienza del tempo nella speranza è soprattutto l’esperienza di un futuro». Il tempo del pellegrino è il futuro, dove si dirige e dove vede un adempimento delle proprie speranze. Il simbolo della speranza diretta verso il futuro è il biblico Abramo, un pellegrino che per cercare la terra promessa aveva abbandonato la casa e si è messo in cammino verso un mondo lontano e sconosciuto. I suoi passi erano guidati dalla speranza che supera il tempo terreno e il fondamento della quale non è collocato «nel tempo dove tutto si spegne, dove la morte dice l’ultima parola», ma lo oltrepassa e cresce da qualcosa di trascendentale. Il pellegrino affronta il cammino della vita grazie alla speranza, senza la quale non sarebbe possibile né il pellegrinaggio, né lui stesso inteso come un essere che si dirige verso il futuro.
La speranza «non soltanto sostiene nel pellegrinaggio, ma rende anche possibile la vita». La speranza fa diventare liberi, senza d’essa l’uomo si trasforma nel prigioniero della situazione, del tempo e del luogo. Con essa può abbandonare quello che conosce nel nome di quello che ancora non conosce, ciò che esiste nel nome di ciò che ancora non si è realizzato. Il pellegrino si dirige verso il futuro e crede di poter superare tutti gli ostacoli che la vita gli porrà davanti, la forza della speranza lo guida verso un domani ancora non definito, ma già percepito come un valore.
La speranza è la condizione che rende possibile ogni attesa: l’uomo aspetta fino a quando nutre la speranza, quando la perde smette di aspettare. Tutto ciò che è fondamentale nella vita rimane in una stretta relazione con la speranza e da lei dipende. Grazie alla speranza l’uomo supera le difficoltà, vince la paura e il dolore, grazie a lei va avanti e vive creando sé stesso, il mondo che lo circonda e le relazioni con le persone che incontra sulla scena del proprio dramma.
L’uomo della speranza
L’uomo drammatico non vive nel mondo da solo, intorno a lui ci sono gli altri uomini che, contrariamente a quanto si crede, lui non vede, non sente e non incontra. Vede solo la superficie, non l’uomo stesso. L’uomo come l’uomo appare soltanto quando si trova davanti a lui in quanto partecipe dello stesso dramma. Questa partecipazione non viene come qualcosa da sentire e da vedere, ma come una pretesa, una domanda alla quale si deve rispondere. La risposta è importante, perché trasforma quelli che si incontrano in soggetti del dramma della reciprocità. L’apertura all’altro è un’apertura dialogica, grazie ad essa accanto all’uomo si trova un Tu. Non “davanti” ma “accanto”, non “tu”, ma “Tu”, queste distinzioni hanno un grande significato e introducono nel mondo delle relazioni con gli uomini, con le persone non con le cose.
Nella Książeczka pielgrzyma (Libretto del pellegrino) Tischner scrive che «la speranza viene all’uomo sempre insieme all’altro uomo. Perché per l’uomo un altro uomo è sempre una promessa e un adempimento della promessa». Infatti, può promettergli la fedeltà, l’amore o la verità e può mantenere la sua promessa, oppure non mantenerla e far sì che da quell’atto inizierà un dramma nel dramma e un tradimento della speranza. La speranza in un certo senso rende possibile il rapporto con l’altro uomo, senza di essa il pellegrino non verrebbe incontro all’altro. Le sorti della storia interumana della speranza possono essere varie, in questo saggio, seguendo le riflessioni dell’autore della Filosofia del dramma, analizzeremo quelle che sembrano essere le più importanti: l’affidamento e l’accoglimento della speranza, il tradimento della speranza e la relazione tra la speranza e l’amore, ovvero la speranza di un amore perfetto.
Tischner afferma che «il tratto sostanziale di ogni speranza è il momento di affidamento. Vivendo della speranza, riponiamo in qualcuno la nostra speranza», lo rendiamo il suo depositario. L’affidamento della speranza è legato all’incontro con l’altro, che a sua volta è unito alla proposta di realizzare insieme i valori e le speranze, di affidarsi reciprocamente la speranza, sia quella che riguarda le cose piccoli, sia quella che si riferisce alle cose più grandi e più importanti. Il filosofo di Cracovia indica che esistono le speranze meno e più fondamentali e che «la speranza fondamentale» è quella con cui il pellegrino si proietta verso i valori che ritiene più importanti. In essa cerca il rifugio per non cadere nella disperazione e in essa esprime la più profonda verità su sé stesso. Incontrare l’altro nella più fondamentale di tutte le sue speranze non è affatto semplice, perché essa è spesso «una speranza itinerante» tra i vari valori. Però se si riesce a scoprire e capire che cosa l’uomo si aspetta in quella speranza, in chi la pone e verso che cosa la indirizza, si potrà dire di aver conosciuto l’uomo.
L’uomo affida le sue speranze all'altro uomo che nel corso del dramma può tradirlo o rimanergli fedele. Tradire vuol dire promettere qualcosa e poi non mantenere la promessa data, significa deludere la speranza affidata dall'altro e anche lui stesso racchiuso in quella speranza. Tischner sottolinea che «tradire è qualcosa in più che soltanto non essere fedele. Significa: prima promettere la fedeltà e poi tradire», significa «rompere i legami della fiducia». Non si può tradire un uomo qualsiasi, ma soltanto colui che è apparso nell'incontrato, colui che ha affidato la propria speranza, Tischner afferma che «il tradimento è il privilegio dell’affidatario della speranza».
Il tradimento può manifestarsi nell’assenza a fianco all’uomo a cui si è promesso la presenza, l’andare via, la fuga nel momento del bisogno, oppure nella denuncia dell’uomo che si è affidato. Nel primo caso possiamo parlare del «tradimento passivo», nel secondo del «tradimento attivo». L’affidatario può tradire apertamente oppure di nascosto, può tradire nonostante che prima voleva davvero essere fedele, oppure perché dall’inizio è venuto con l'intenzione di tradire. Il falso affidatario rimane con l’uomo che gli si è affidato, ma la sua presenza è solo fisica, poiché in realtà lui non è mai stato un vero depositario della speranza. Egli è presente perché sta realizzando uno scopo, sta aspettando il momento in cui l’altro gli si affiderà per poterlo tradire. Tischner rileva che «l’altro può tradirmi, ma ciò non significa che io posso tradire l’altro». L’uomo è libero e il tradimento subìto dall’altro uomo non determina un tradimento copiuto da parte sua, egli può cominciare tutto da capo, da un nuovo affidamento della speranza e anche da un nuovo affidatario.
Con la speranza è legato anche l’amore. Dentro dell’uomo si nasconde la speranza di un amore perfetto. Nel Pomoc w rachunku sumienia (Aiuto nell’esame di coscienza) il filosofo di Cracovia dichiara che «l’amore e la speranza camminano sempre insieme. A volte avanti si mette l’amore, a volte la speranza». L’uomo che non ama, spera che un giorno amerà e sarà amato. Quello che ama, spera che il suo amore superi tutte le prove della vita, che gli porti la felicità e sia eterno. In tante delle sue analisi, Tischner afferma che l’amore, nella sua essenza, è un reciproco affidamento della speranza che avviene tra l’uomo e l’uomo e tra l’uomo e il Dio. Ricorda che una volta sulla terra venne Gesù che mostrò l’amore non come un sogno vago e confuso, ma come qualcosa di possibile da realizzare. Grazie a Gesù e alla sua testimonianza d’amore, è nata la più grande delle speranze dell’uomo cristiano: l’amore vero è a portata del cuore umano.
L’amore permette di scoprire un’altra dimensione della vita, di sé stesso e dell’altro. L’autore della Filosofia del dramma rivela che l’amore è l’essenza dell’uomo e che tutto il resto gira intorno all’amore. L’amore è il modo elementare della partecipazione nel bene. L’uomo è buono perché è capace di amare, finché amerà e spererà nell'amore, il male non potrà sconfiggerlo. L’amore insegna il disinteresse e la pazienza, chi ama deve saper aspettare e compiere il sacrificio. Nell’amore il pellegrino dona sé stesso all’altro uomo e tramite quel dono si arricchisce, è così perché nell’amore chi dà non perde, ma riceve dall’altro qualcosa che non può avere in solitudine. Si rivolge all’altro con la fiducia e la speranza che egli ricambi il suo amore, si dona e donandosi diventa più ricco, ricco di un amore continuamente in crescita e ricco di fiducia. La speranza diventa una forza penetrante che mantiene e fa crescere l’amore. L’uomo aspetta e spera che indipendentemente da tutto il resto, un giorno, l'altro ricambi il suo amore, che le situazioni di prova non solo non indeboliscano il suo amore, ma che grazie ad esse quell’amore diventi ancora più forte e più profondo.
Nella vita dell'uomo pellegrino sono fondamentali l’amore e la speranza ad esso inseparabilmente legata. Nell’Amore non amato Tischner afferma che: «l’uomo ha nella vita tre amori elementari: l’amore per sé stesso, l’amore per il prossimo e l’amore per il Dio». Tutti e tre sono altrettanto importanti, senza l’amore per sé stesso non può esistere l’amore per l’altro uomo e senza l’amore verso l’altro non si può realizzare l’amore verso il Dio, ovvero non si può amare il Dio senza amare sé stesso e l’altro uomo. Il vero amore cristiano si realizza in queste tre dimensioni.
La scena della speranza
Sotto i piedi dell’uomo della filosofia di Tischner si stende il mondo inteso come la scena del dramma, come un luogo degli incontri e delle separazioni, un posto dove il pellegrino costruisce la propria casa. La scena non è un posto degli esseri solitari, essa viene condivisa e convissuta con gli altri, è il luogo dove avviene l’incontro con un altro. L’esperienza della terra come della scena acquisisce la piena dimensione quando è mediata dal dialogo con l’altro.
Con l'esistenza dell'uomo sulla terra, come rileva l’autore della Filosofia del dramma, sono legati anche i vari rischi. Il pellegrino può comprenderla male, sopravvalutarla e credere che tutto ciò che è importante si trovi proprio sulla terra, che la terra sia il posto in cui si realizza appieno tutta la sua felicità. Una tale convinzione conduce al terrismo in cui l’uomo unisce tutte le sue speranze con la vita terrena e percepisce la scena come la cosa più importante, come un elemento fondamentale della felicità. Succede così quando l’uomo non è capace di decifrare il vero significato della terra, quando non riesce a guardarla come un segno, un’indicazione e una strada verso l’altro, ovvero verso il Dio e l’uomo.
Per capire l’uomo drammatico, bisogna sottoporre all’analisi i posti principali che costituiscono l’ordine della scena del suo dramma: la casa, l’officina e il nascondiglio, inoltre occorre riflettere sulle speranze che sono unite a questi tre luoghi. Proprio lì, nei loro spazi avvengono gli eventi più importanti del percorso della vita dell'uomo. La casa e l’officina sono i posti di crescita e di sviluppo dell’uomo, il nascondiglio invece è un posto di tragedia e di una morte possibile.
Il pellegrino cammina attraverso il mondo con la speranza di trovare e costruire una casa. Anche se oggi non possiede alcuna casa e da nessuna parte del mondo ha un posto dove si torna, anche se oggi vive la solitudine e in nessun luogo c’è qualcuno che lo aspetti, la speranza gli dà la forza di proseguire nel cammino e di credere che un domani tutto cambierà. L’uomo costruisce la casa, «il posto dove si trova [...] la casa diventa per l’uomo il principio dell’ordine del mondo, da qui si esce nel mondo e qui dal mondo si ritorna». Qui il pellegrino è «sé stesso da sé stesso», qui fiorisce l’amore e nasce la reciprocità, qui la donna è donna e l’uomo è uomo. Qui si avverano i sogni e realizza la speranza. Tischner afferma che «la casa è lo spazio più vicino all’uomo [...]. Avere una casa significa: avere intorno a sé lo spazio della familiarità iniziale».
Costruendo la casa l’uomo si ambienta sulla scena, addomestica la terra e la forma, i valori che servono per la costruzione e successivamente per la crescita della casa diventano più importanti di tutti gli altri. La casa cambia e arricchisce la percezione del mondo, lo trasforma in una terra promessa, fa scoprire un nuovo orizzonte dei valori che attendono la loro realizzazione. Nell’uomo nasce la certezza che la donna è donna quando è madre e l’uomo è uomo quando è padre, la certezza che la casa significa la nascita di una nuova vita.
La casa non è solo un posto di gioia, ma anche di una possibile tragedia. La casa è fragile, la scena la minaccia con un’alluvione, un terremoto o un’esplosione di vulcano. L’altro la minaccia con il rifiuto della reciprocità e della fedeltà, il tempo la minaccia con il suo trascorrere. Il trascorrere del tempo e la fugacità delle case terrene fanno nascere nell'uomo cristiano la speranza che in un altrove esistano una casa che non passa mai e un altro che non rifiuta mai la reciprocità e la fedeltà. L’uomo comincia a capire che la sua vera casa si trova nell'al di là, però quella scoperta può essere pericolosa perché può indurre all’abbandono della casa terrena al favore di quella ultraterrena. L’assolutizzazione della casa-non-qui non è l’unica errata percezione della casa, esiste anche un'altra: l’assolutizzazione della casa-qui, a causa sua l'uomo dimentica dell'al di là e colloca tutta la sua felicità sulla terra. Secondo l’autore della Controversia sull’esistenza dell’uomo, la riconciliazione di queste due opposte percezioni della casa è una missione per tutta la vita dell’uomo.
Sulla scena il pellegrino costruisce la casa, ovvero lavora per realizzarla, tuttavia ciò non significa che il termine del lavoro viene ridotto soltanto alla costruzione della casa, ma piuttosto che la sua creazione diventa un tipo di lavoro del tutto particolare. Il desiderio d’ambientarsi nel mondo fornisce al lavoro uno scopo ben preciso e concentra intorno a sé tutti gli altri valori di lavoro. Il lavoro viene svolto in un minore o maggiore allontanamento dalla casa ed è giudicato in riferimento a quell’allontanamento e al suo significato per la costruzione e il consolidamento della casa. Secondo Tischner il lavoro è un fenomeno fondamentale nella vita dell'uomo poiché in esso si trova l’adempimento della missione primaria di soggiogare la terra, ovvero grazie al proprio lavoro trasformare il mondo in una terra promessa.
Tramite il lavoro l'uomo realizza alcune delle sue speranze che anche se di solito sono legate alla terra, possono aprire alla dimensione dei valori ultraterreni. Grazie al proprio lavoro l'uomo può portare a casa il pane e il vino, cioè le cose che simboleggiano il Dio. Il lavoro può avvicinare al Dio, quindi bisogna che l'uomo lo percepisca e che non leghi la speranza che fornisce le motivazioni al lavoro soltanto con la terra. Che intravveda in esso la possibilità di realizzare insieme all'alto uomo un nuovo spazio della vita, ovvero la casa, lo spazio più intimo e presonale.
È importante che il pellegrino non ricuda il proprio lavoro esclusivamente alla realizazzione delle speranze legate al desioderio del possesso dei frutti terreni, ossia dei beni materiali, ma anche che lo sottometta alle speranze concentrate soltanto sui frutti ultraterreni. Poiché la sorte dell’uomo lavoratore è la vita che cresce in base a entrambe le speranze, bisogna che le unisca insieme e che non prometta che l’una elimini l’altra.
Il lavoro viene svolto insieme ad un altro uomo, per cui l’uomo lavoratore spera che l’altro lavori onestamente, che non danneggi né il processo né gli attrezzi del lavoro, che non rovini i suoi frutti. Spera che la terra non venga sprecata e che l’altro non tradisca i valori fondamentali del lavoro. Spera di non dover affrontare la crisi del lavoro che crea una situazione in cui il lavoro assume la forma della lotta contro la terra e diventa un modo di sfruttamento dell’uomo da parte dell’altro uomo, in cui invece di creare si distrugge. Quando il lavoro diventa una distruzione, l’uomo invece di lavorare per la crescita della sua casa inizia a lottare contro gli elementi di questa nuova negativa realtà in cui si trova. In una tale situazione perde il valore persino la verità, l’unica cosa che conta è il risultato che si può ottenere, l’uomo che non bada alla verità è pronto a ogni tradimento pur di ottenere un frutto di lavoro in più, ovvero un soldo in più. Tischner mostra che l’uomo non solo crea il lavoro, ma che può anche distruggerlo e facendo così colpire la dignità dell'altro uomo lavoratore. La base di ogni lavoro emerge dalla speranza che il lavoro ha un senso, che serve allo sviluppo della vita, dell’uomo e del mondo in cui egli vive. Si può dire che tutte le attività lavorative dell’uomo sono fondate sulla speranza e che la sua perdita comporta l’inizio della fine del valore e del senso stesso del lavoro.
L’uomo della filosofia di Tischner è un essere pieno della speranza, il suo mondo è un mondo aperto, la sua scena è ricca delle nuove strade e possibilità. A volte capita però che alla speranza succede qualcosa di negativo, che come scrive Tischner
la speranza si rimpicciolisce nell’uomo e con essa si rimpicciolisce anche lo spazio della vita dell’uomo. [...]
L’ethos della speranza diventa estraneo all’uomo. L’uomo, invece di avanzare nel proprio cammino, si sente
come costretto a cercarsi il nascondiglio da qualche parte nello spazio.
L'uomo soffre la crisi della speranza, si allontana dagli altri, abbandona il mondo e si chiude nel nascondiglio. Entrare momentaneamente nel nascondiglio non è in se stresso un'azione errata, poiché nel corso della vita capita che a causa della crisi della speranza l’uomo si rifugia nel nascondiglio. Osservando la vita nel mondo contemporaneo, Tischner affermava che
La crisi della speranza è diventata la compagna inseparabile della nostra vita. [...] Non c’è nessuno che non
è toccato dalla crisi della speranza. La possibilità della perdita della speranza fa parte della nostra esistenza.
L’uomo cerca il nascondiglio a causa della crisi della speranza. Quando la sua speranza riguarda i valori meno importanti, la crisi passa piuttosto velocemente, quando invece si riferisce ai valori fondamentali la crisi dura di più. L’uomo si chiude nello spazio del proprio dolore, di un dolore della speranza che svanisce ogni giorno di più e di conseguenza serra l’uomo in un'estensione piena di sofferenza. Tischner sottolinea che «nel nascondiglio la speranza non svanisce del tutto, ma solo si rimpicciolisce, si rimpicciolisce a un tale punto da diventare una pura e una semplice speranza di sopravvivenza». La speranza dell’uomo del nascondiglio è una speranza malata che non si dirige verso il mondo e le altre persone, ma da loro si allontana e separa. La regola del suo movimento è la fuga. L’uomo ha paura del mondo e degli altri che ne fanno parte, non è più un libero pellegrino della speranza, ma un abitante dei mondi estranei nei quali non cresce niente di buono.
L’uomo si ritira dal mondo a causa di un dolore o una delusione, fa così non soltanto per la sofferenza che prova, ma anche per la paura di dover viverla un’altra volta. La paura è qualcosa di umano e perciò in un difficile momento della vita l'uomo può rifugiarsi nel nascondiglio e poi, quando il motivo della paura svanirà, uscire e riprendere il suo cammino. Purtroppo a volte capita che l’uomo non esce più dal nascondiglio e così diventa un suo eterno abitante, o meglio dire, un suo prigioniero. Non vuole o non riesce ad uscirne, pensa che tutto il mondo sia come quell’unico uomo che ha contribuito alla crisi della sua speranza e gli ha causato dolore e sofferenza.
La speranza è presente in tutte le sfere della vita dell’uomo drammatico, riempie il suo tempo e la scena sulla quale vive. Senza d’essa non sarebbe possibile il pellegrinaggio e non sarebbe possibile la vita, con essa l’uomo può superare tutti gli ostacoli e percorrere tutte le strade, anche quelle più buie. La speranza è uno scopo, un valore che dà l’ordine alla vita e che, con la possibilità della sua realizzazione, le dà anche un senso.