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Il tradimento e la fedeltà nell'antropologia filosofica
di J. Tischner
Nuova versione dell'articolo pubblicato in "Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia", anno 11 (2009).
Keywords: tradimento, tradimento palese, tradimento non palese, rivalsa, paura, fedeltà, dialogo, reciprocità, libertà, speranza,
affidamento.
affidamento.
La filsofia di Józef Tischner si sviluppa intorno all’uomo e alle questioni fondamentali della sua vita. Tischner definisce l'uomo come un essere drammatico e per descrivere la sua vita adopera il vocabolo: dramma. La parola “dramma” è la parola chiave dell’antropologia tischneriana. Il filosofo polacco richiama il significato che questo termine ebbe nei tempi dell'antica Grecia, lo applica alla vita dell'uomo dei nostri tempi che come un personaggio del teatro antico ha sotto i piedi la scena del proprio dramma, ovvero la terra, invece intorno a sé gli altri esseri drammatici, le altre persone che incontra e con le quali vive.
Ogni incontro che avviene nella vita dell’uomo drammatico può fruttare con il bene oppure può portare il male. Il bene può concretizzarsi in quanto realizzato insieme all'altro uomo, proveniente dall'altro uomo oppure a lui donato. Secondo Tischner, compiendo il bene l’uomo diventa libero, facendo il male cade nella schiavitù del male e nell’illusione della libertà. Nella filosofia di Tischner, la libertà significa «il modo dell'esistenza del bene», essere libero vuole dire essere fedele al bene e fare del bene. La concezione della libertà presentata dall’autore della Controversia sull’esistenza dell’uomo, mostra la possibilità della vita nella prospettiva del bene che apre l’uomo al mondo dei valori invariabili che indicano la direzione nella quale bisogna dirigersi per realizzare pienamente la propria libertà.
L’uomo drammatico vive nel tempo, che si distende dal momento della sua nascita fino al momento della sua morte. Il tempo drammatico non è qualcosa contro l'uomo, ma qualcosa per lui; gli offre un lasso temporale nel quale può perfezionare sé stesso come colui che è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Dio è il Bene superiore che ispira ogni bene che appare su questa terra; l’uomo che vuole essere fedele alla propria natura deve dirigersi verso il bene e fare in modo che, attraverso la sua esistenza e i suoi atti, nel mondo si realizzi il bene. Se l’uomo abbandonerà il bene e sceglierà il male, perderà sé stesso e si sottoporrà alla dominazione del male.
Fra le categorie più importanti dell’antropologia filosofica di Tischner, si trovano la fedeltà e il tradimento. La fedeltà appartiene al mondo indirizzato al bene e alla libertà, il tradimento invece appartiene al mondo del male che toglie all’uomo la libertà e lo allontana dalla propria natura. Queste due categorie portano l'uomo in due direzioni diverse: seguendo la strada del tradimento l’uomo perde sé stesso, scegliendo la strada della fedeltà si salva.
In questo saggio, avvicineremo brevemente il significato dei termini tradimento e fedeltà nella filosofia di Tischner. Nella prima parte delle analisi, parlando del tradimento, ci riferiremo ai testi di Friedrich Nietzsche e di Niccolò Machiavelli. Nonostante le loro idee filosofiche rimangono lontane dalle idee di Tischner, possono essere utili per sviluppare la questione di tradimento, ritenuto come un lato negativo dell’attività umana. Nella seconda parte delle considerazioni, analizzando la fedeltà, ci rivolgeremo alle opere di Gabriel Marcel la filosofia del quale, oltre ad essere in tanti punti vicina a quella di Tischner, è stata la fonte d'ispirazione per alcune delle sue ricerche.
Il tradimento
L’uomo che con i suoi atti realizza il male crea intorno a sé lo spazio dove sul bene prevale il male che nelle relazioni interpersonali si presenta sotto la forma del tradimento. Tischner chiama il tradimento: «colpa di tutte le colpe» e «peccato di tutti i peccati». Nel momento del tradimento l’uomo sceglie e compie il male, respinge invece il bene e la libertà ad esso inseparabilmente legata. Che cos'è il tradimento con cui l’uomo si sottomette al potere del male? Nella filosofia tischneriana, tradire «significa qualcosa di più che soltanto: non essere fedele, significa: prima promettere la fedeltà e poi tradire». Significa «rompere i legami dell’affidamento», «promettere la fedeltà», cioè il bene «e poi tradire», ovvero dare il male. L’uomo tradisce e quindi all’inizio delle analisi dobbiamo porre la domanda sul motivo del tradimento. Quali sono le cause che portano al tradimento? Perché l’uomo tradisce? E infine, il tradimento davvero deve avere un motivo?
L’uomo della filosofia di Tischner non è un demonio di cui il filosofo polacco scrive che è l’unico ad essere «il traditore di natura», l’uomo è «il traditore a causa delle circostanze». Il suo sottomettersi al male che giunge attraverso il tradimento deve avere qualche motivo, anche più nascosto oppure assurdo, ma deve averlo. Forse si tratta di rabbia? Infatti, nella filosofia di Tischner il traditore dice: «tradisco, perché mi sono arrabbiato con te», tradisco e con questo tradimento ripago il torto che ho subito nel passato. «Il tradimento è la rivalsa» per le speranze ingannate e tradite dall’altro, nasce dalla giustizia della rivalsa che come la legge del taglione dichiara: «occhio per occhio, dente per dente», «tradisco, perché sono stato tradito». E anche se non ci sono più coloro che hanno tradito, la rivalsa dura e si dirige verso i presenti, si dirige verso loro nonostante sono innocenti del tradimento avvenuto nel passato. I sottomessi al male ricambiano tradimento con tradimento, tradiscono non solo coloro che li hanno traditi, ma anche coloro che non l’hanno fatto. La giustizia della rivalsa in realtà è un’ingiustizia che punisce gli innocenti. I traditori sanno che cosa significa la fedeltà, sanno che essa è possibile, ma nonostante ciò tradiscono. Guidati dalla volontà di rivalsa rimangono sordi e chiusi ad ogni forma del bene. La logica del loro atteggiamento non prende in considerazione che lo scopo di una vera giustizia è il bene e che non esiste una tale forza che costringerebbe l’uomo a rispondere al male con un altro male.
La rivalsa non è l’unico motivo del tradimento. Dalle opere di Tischner emerge l’uomo che una volta è stato tradito e oggi non crede più nella fedeltà, è così perché il tradimento che aveva subito ha distrutto in lui la capacita di credere nella fedeltà degli altri. Il filosofo di Cracovia afferma che tali
traditi diventano sempre più incapaci alla fedeltà. […] Nell’essere tradito da colui di cui ci si fidava
incondizionatamente si può perdere tutto – soprattutto l’organo spirituale della fedeltà, la facoltà d’affidarsi.
Di conseguenza, l’altro viene percepito come colui che tradisce e l’uomo non è più capace né di dargli la confidenza né di affidargli la propria speranza. Il male sfrutta il ricordo del dolore provocato dal tradimento, l’uomo teme di essere tradito e difendendosi da un altro tradimento, tradisce per primo. Tale uomo non è guidato dalla voglia di rivalsa, ma dalla paura. Da questa situazione nascono le domande sulla possibilità di ricostruire nell’uomo la fiducia nell’altro e sul modo di aiutarlo ad uscire dal nascondiglio pieno di dolore. Com’è possibile liberarlo dall’influenza del male che lo distrugge? Gli basta l’aiuto dell’altro uomo, la sua presenza e la sua fedeltà, oppure occorre l’aiuto di Dio, che si esprime sotto la forma della grazia che dà all’uomo la forza di potersi affidare all'altro? È noto che l’uomo può tradire anche coloro che gli sono fedeli e gli donano il bene; sembra quindi che l’uomo non sia in grado di salvare l’altro uomo dallo spazio del tradimento e che egli abbia bisogno dell’aiuto di Dio, che è l’unico ad essere capace di alzare l’uomo da ogni caduta e salvarlo da ogni male, occorre però che l’uomo si apra alla Sua presenza e alla Sua grazia.
Secondo coloro che tradiscono a causa della paura o della rivalsa l'altro non sia innocente, loro gli imputano la colpa di compartecipazione nell’essere simile a colui da cui hanno subito il tradimento. Questa compartecipazione può consistere nell’essere donna, essere uomo, appartenere alla stessa nazione o rappresentare lo stesso mestiere. L’uomo che tradisce ritiene che l'altro sia cattivo, che come scriveva Machiavelli «immancabilmente si mostrerà tale, ogni qualvolta ne avrà occasione». Nell’atteggiamento del traditore si nasconde un presupposto che non può essere cambiato da nessun argomento e nessun fatto. La sua opinione non cambia neanche quando l’altro realizza il bene, lui crede che l’altro sia cattivo e soltanto per qualche causa ancora non conosciuta, nasconde la sua predisposizione al male.
Prima che l’uomo ceda alla tentazione del male e diventi un traditore, deve realizzare in sé stesso un cambiamento radicale: deve tradire sé stesso come un essere creato dal Bene e per il bene, quindi deve tradire sé stesso in quanto uomo. Chi diventa l’uomo quando tradisce se stesso? Non può diventare un demonio, può però diventare un imitatore del demonio. La regola della sua vita, come nel mondo del superuomo (Übermensch) di F. Nietzsche e come nello stato naturale descritto da T. Hobbes, può esprimersi tramite l’egoismo, il desiderio di potere, oppure «un insaziabile desiderio di una potenza sempre più forte». Tale uomo può trasformare la sua vita in un’infinita volontà di dominazione e sottoporsi tutti quelli che ha definito come i suoi nemici. Lui non percepisce quelle persone come i suoi pari, ma come «una creatura sporca», che «dovrebbe essere superata», per rendere il mondo pulito dal male che, come ritiene, sia impresso in loro. Per raggiungere il suo scopo, l’uomo che imita il demonio è pronto a compiere ogni male.
Per colui che ha tradito in sé stesso l’uomo, gli altri non sono e non possono essere uguali a lui. Egli divide i migliori dai peggiori e a questi ultimi toglie il diritto di chiamarsi “uomo”. Oppure lascia a loro questo diritto, ma ritiene sé stesso e i suoi simili superiori all’uomo e crede che soltanto a lui e ai suoi simili si debbano la libertà, i diritti e il bene. Per quelli che considera peggiori non lascia alcun bene, nemmeno il diritto alla giustizia, alla compassione e alla pietà.
Accanto al tradimento che nasce dalla rivalsa, oppure dalla paura, nelle opere di Tischner è presente anche un altro tipo di tradimento che avviene «nel manicheo orizzonte di mancanza della speranza». In esso dominano le altre regole, il tradimento non richiede alcuna giustificazione, l’uomo tradisce «senza il motivo della rivalsa, per la “verità” stessa che è impressa nel tradimento. Qual è questa “verità”? Si può esprimerla in seguente modo: qualcuno crea il mondo e lo tradisce in continuazione, permettendo il suo annientamento». L’uomo tradisce perché, come ritiene, tutto ciò che esiste sia un tradimento e venga continuamente tradito. Vive nella falsità e nell’illusione che gli fanno interpretare il passare delle «forme di questo mondo» come un tradimento attuato dal Creatore.
Tuttavia, analizzando gli scritti di Tischner, domandiamo se quel tipo di tradimento davvero non ha i motivi e se anche qui non si tratta di qualche paura o rivalsa? Potrebbe trattarsi della rivalsa per la fragilità del bene e della paura di perdere ciò che è importante, che si manifestano nell’anticipazione di un colpo prima o poi aspettato. Potrebbe trattarsi di una grande sconfitta dell’uomo davanti all’immensità del male, che non gli permette di avere la speranza di rialzarsi e di continuare il cammino della vita. La concezione della filosofia dell’uomo di Tischner consente di dirigersi verso queste possibilità. L’uomo è un’essere che può non riconoscere correttamente il mondo e la forza del bene che a volte si manifesta attraverso la sua debolezza e fragilità.
Tradendo, l’uomo tradisce sempre qualcuno o qualcosa. Chi o che cosa viene tradito dall’uomo? Analizzando le opere dell’autore della Filosofia del dramma, possiamo rispondere dicendo che l’uomo può tradire un altro uomo, può tradire sé stesso e può tradire il bene. Tradendo un altro, nello stesso atto, tradisce sé stesso, tradisce anche il bene come un valore al quale si deve la fedeltà assoluta. Il tradimento di sé stesso e del bene annunciano un futuro tradimento dell’altro uomo.
Nelle opere di Tischner sono presenti due distinzioni dei tipi di tradimento: nel Convincere il Signore Dio vengono alalizzati il tradimento passivo e attivo, invece nell’Etica della solidarietà il tradimento palese e non palese. Purtroppo, in nessuno dei suoi testi, Tischner chiarisce quali relazioni si verificano tra i tipi di tradimenti sopraindicati. Riflettendo sul tradimento passivo, scrive che significa: «andare via, abbandonare l’uomo nel momento del bisogno», negare la presenza, lasciare l’altro con la sua solitudine. L'altro ha affidato all’uomo le sue speranze, in esse ha racchiuso in qualche modo sé stesso, l’uomo gli stava vicino, ma quando è arrivato il momento della prova si è girato e l’ha abbandonato. Questo ricorda l’atteggiamento della gente descritta da Machiavelli che è «affezionata [...] quando il bisogno è lontano [...] però volta le spalle, quando ti trovi nel momento del bisogno». Si può parlare di un tradimento attivo in riferimento a Juda che tradisce e «condanna a morte il Giusto». Il suo tradimento non significa l’abbandono, ma la presenza che serve al male: l’uomo è presente con l’altro e proprio tramite quel suo «io ci sono» arriva il male.
Prendiamo in considerazione la distinzione tra il tradimento palese e non palese. Tischner scrive: «la forma palese del tradimento è la denuncia» e come l'esempio indica il tradimento compiuto da Juda. «La forma non palese del tradimento è il rifiuto di collaborazione», il rifiuto di aiutare l’altro e l’abbandono di un bisognoso, che si sono mostrati nel tradimento compiuto da Pietro che disse: «non conosco questo uomo». Il tradimento di Juda si presenta sia come un tradimento attivo sia come uno palese. Il tradimento di Pietro indica sia quello non palese sia quello passivo. Anche se, come abbiamo detto, Tischner non sviluppa fin in fondo il suo concetto, sembra che il tradimento passivo sia un altro modo per definire il tradimento non palese, e il tradimento attivo per definire quello non palese.
Passiamo ad un altro punto delle analisi e chiediamo come avviene il tradimento e cioè come l’uomo tradisce l’altro uomo? Nella filosofia di Tischner si possono individuare due modi in cui si realizza il tradimento. Nel primo, l’uomo sin dall’inizio viene dall’altro soltanto per tradirlo. Nel secondo, per i motivi non spiegabili fino in fondo, la sua iniziale fedeltà con il tempo si trasforma nel tradimento. In riferimento alla filosofia di Machiavelli si può dire che tale mutamento è normale, perché la gente è ignobile e rompe tutti gli impegni, anche quelli di fedeltà, e lo fa «appena si presenterà l’occasione di un proprio profitto». Nella filosofia di Tischner non è cosi, l’uomo non è cattivo, se fa del male lo fa perché non riconosce il bene e cede alla tentazione del male. Il tradimento prende il posto della fedeltà, l'uomo si allontana dal bene e cade nel male che lo tenta e conduce al tradimento. Le cause possono essere varie, tutte però sono legate all’incapacità umana all’eroismo e alla debolezza nel momento della prova.
Analizziamo insieme all’autore della Filosofia del dramma, come si comporta l’uomo quando sin dall’inizio viene per tradire. Il traditore per poter guadagnare la fiducia usa tutti i mezzi possibili: tenta, illude, mente, promette e lusinga. Mostra una visione e una promessa del bene e nasconde le sue vere intenzioni dietro la maschera di colui che nelle sue azioni si riferisce al bene. Tutto ciò per guadagnare la fiducia dell’altro, per attirarlo alla reciprocità. Com’è questa reciprocità e se davvero può essere chiamata con il tale nome? La reciprocità che viene offerta da chi mira direttamente al tradimento ha un doppio volto: uno vero, conosciuto solo al traditore e un altro nascosto dietro ad una maschera, che viene mostrata all’altro uomo. Il traditore arriva per tradire, dall’inizio sa che il frutto della reciprocità porterà il male. Chi viene da lui ingannato non sa che si tratti del male e nutre la speranza del bene.
La reciprocità nel mondo del tradimento è come i dialoghi nel libro Il matrimonio dello scrittore polacco Witold Gombrowicz. Tischner scrive che le parole che vi sono espresse
Non sono le parole per qualcuno (per l’altro), ma le parole davanti a qualcuno. [...] La parola “per qualcuno”
è un dono, che unisce le persone libere. La parola “davanti a qualcuno” non è un dono, non propone la libertà
e non è in grado di stabilire la fedeltà [...].
L’uomo esprime le parole “per qualcuno”, quando è aperto a lui e quando vuole costruire insieme a lui qualcosa che porterà nel mondo il bene. Le parole “davanti” a qualcuno vengono espresse da chi vuole tradire l’altro, da chi non è con lui, ma solo davanti a lui. Da chi vede l’altro come qualcuno che prima deve essere attirato nell’affidamento della speranza e poi tradito. La reciprocità proposta nel mondo del tradimento è soltanto un’apparenza della reciprocità. La vera reciprocità si dirige al creare e non al distruggere, apre al bene e alla possibilità della libertà, non al male e al pericolo della caduta che viene insieme ad esso.
Quando un’uomo che vive l’illusione della libertà priva del bene, guadagna la fiducia dell’altro allora giunge il momento della verità: colui che si è affidato nutre la speranza del bene, intanto nel mondo entra il male. Tischner dice: «si realizza il male. [...] Il tentatore non prende la mano tesa. Il tentatore tradisce». Nel momento del tradimento «si fa sentire la voce della beffa [...] il riso che cammina attraverso il mondo dichiarando la sconfitta del bene». L’uomo si è affidato, aveva la speranza del bene, ma ha ricevuto il male. Colui che ha tradito non è un demonio e quindi sa che avrebbe potuto comportarsi in un altro modo e che fino all’ultimo memento avrebbe potuto rifiutare il male e scegliere il bene. L’uomo non esiste per portare nel mondo il male, come fa un demonio, lui ha sempre la possibilità di scegliere tra il bene e il male. Fino a quando scorre il suo tempo terrestre, il tempo drammatico, egli può cambiare tutto, occorre però che si apra al Bene Assoluto.
La fedeltà
Nella filosofia di Tischner «la libertà precede la fedeltà o piuttosto è una sua condizione», la libertà quando è ben riconosciuta e vissuta «deve fruttare con la fedeltà». Dagli scritti dell'autore della Filosofia del dramma emerge la fedeltà che cresce dalla libertà, che non è un’ubbidienza senza la riflessione, ma un consapevole modo di essere che esige una continua riconferma. Attingendo al pensiero di Marcel che Tischner spesso rievoca nelle sue analisi, si può dire che «la forza di carattere dell’uomo si riconosce e si misura dalla fedeltà a cui è capace». Il filosofo polacco non solo esprime il pensiero che rimane in linea con queste parole, ma va anchè più avanti e definisce la fedeltà come la misura della libertà umana. Nella sua filosofia la fedeltà è la conseguenza di una scelta fatta e successivamente riconfermata in modo libero. La natura della fedeltà «consiste [...] nel dare la testimonianza, nel confermare», come affermano sia Tischner sia Marcel.
Una delle domande elementari che bisogna porre nelle analisi della questione della fedeltà riguarda i soggetti della fedeltà e la relazione che si verifica tra loro. Tischner rileva che la fedeltà è un legame «che unisce l’uomo con l’uomo, è un legame interiore, iniziato da una libera scelta». Approfondendo il problema della fedeltà è opportuno rivolgersi proprio alle opere di Marcel, alle sue riflessioni sulla fedeltà all’altro uomo e a sé stesso. Soffermiamoci su questa ultima forma della fedeltà, essa ci aiuterà a capire la fedeltà con la quale l’uomo si dirige verso un altro.
Nel libro Homo viator Marcel narra di un artista che dal momento in cui ha raggiunto il successo si limita «ad una consapevole imitazione di sé stesso». Smette di creare e soltanto ripete e copia il passato. L’ambiente è soddisfatto del suo atteggiamento perché non ha i problemi né per inserirlo nelle determinate correnti artistiche, né per riconoscere le sue opere. Sorprendentemente, alla domanda se egli è fedele a sé stesso, Marcel risponde non soltanto: «no», ma anche: «con certezza, no». La fedeltà a sé stesso è la capacità prima di ascoltare la propria voce interiore e poi, di creare sé stesso e la propria vita secondo il suo contenuto. Essa non significa un eterno ritorno dello stesso, essa è la creazione che va avanti e interrottamente cerca le nove ispirazioni. L'uomo fedele a sé stesso sa che la fedeltà non è un atto che si compie una sola volta, ma piuttosto un continuo ripetere degli atti che riconoscono il valore della persona a cui si riferiscono, ossia di se stesso oppure di un altro.
La fedeltà si caratterizza per «una struttura dialogica» in quanto nasce tra le due persone che si riconoscono reciprocamente come un valore e come un bene. La fedeltà reciproca significa sia mantenere la promessa data all’altro, sia affidargli sé stesso e la propria speranza. Lo spazio della fedeltà è in realtà uno spazio della speranza: l’uomo che è fedele spera che l’altro risponda alla sua fedeltà con la propria fedeltà.
Nel dialogo della fedeltà, l’altro ovvero il confidente della speranza, ha essenzialmente due possibilità: può rispondere con l’affermazione oppure con il rifiuto. Rispondendo con l’affermazione, può rimanere fedele a questa scelta, ma può anche successivamente rompere i legami della fedeltà. Rompere i legami della fedeltà significa dire un “no” all'altro, a sé stesso e al Bene Assoluto inteso come la fonte e la base di ogni fedeltà. La fedeltà non è soltanto una questione con l’altro, essa è anche l’immagine dell’uomo stesso e della sua relazione con il Bene Assoluto, da cui è stato creato e di cui tracce vivono in lui.
La fedeltà è un atto della libertà che cresce dall’interno dell’uomo, un atto che non si può ottenere con nessuna forza esterna. «La fedeltà non si può pretendere», come scrive Marcel, non si può parlarne come di una coazione, non si può imporla, essa nasce come una testimonianza della libertà. «La questione della fedeltà si trova più profondamente che la capacità umana di capire i divieti e gli obblighi». Si può esprimerla e racchiuderla in norme giuridiche, però da quel momento non si potrà più parlare della fedeltà perchè il suo posto prenderà il rispetto dei divieti e dei obblighi, un comportamento conforme alle norme esterne, un modo di agire che può essere definito con la parola l'obbedienza. Così al posto della libertà verrà introdotto il dovere inteso come il rispetto delle regole e delle leggi provenienti dall’esterno dell’uomo. Lì dovè non c'è la libertà, non ci può essere nemmeno la fedeltà.
La fedeltà indirizzata verso i valori cresce non dalle norme esterne, ma dal dovere interno e dalla voce della coscienza. L’uomo sensibile ai valori li riconosce e si sente chiamato a seguirli e realizzarli. Niente di esterno lo costringe a schierarsi dalla parte dei valori, in lui stesso prende la parola la coscienza che dice: ecco il valore, ecco il bene che aspetta per essere scelto e realizzato. L’uomo è consapevole, ragionevole e libero nelle sue scelte, è lui che decide. La fedeltà si manifesta negli atti. «La vera esistenza dell’uomo è [...] il suo atto», scriveva Georg W. Hegel, uno dei filosofi preferiti di Tischner. La fedeltà non si dimostra con le parole e le promesse, ma con i fatti e gli atti.
«La fedeltà più forte del tradimento cresce dalla speranza, l’orizzonte della quale è più ampio dell’orizzonte del tradimento». La fedeltà si dirige sempre verso il bene, anche se l’altro ha tradito, la fedeltà offre la speranza che tutto può cambiare e migliorare. Essa è eroica, non vuole smettere d’esistere e ogni giorno di nuovo si rivolge all’altro. L’uomo libero crede che l’altro sia capace di realizzare la fedeltà e il bene. Il suo atteggiamento non è guidato dalla logica secondo la quale bisogna ripagare il male con il male, non cresce dalla memoria di un male subito in passato che tuttora aspetta la possibilità di rivalsa. Non è così perché la fedeltà è «soprattutto un atto della speranza [...]. La speranza le concede il senso e la forma finale». La fedeltà è la speranza del bene tra le persone, è la speranza che nonostante tutto, l’altro rimarrà fedele e nel caso del tradimento, che prima o poi arriverà il giorno in cui capirà l’errore che ha commesso e il male che ha causato e da quel momento in poi sceglierà sempre la fedeltà.
«La fedeltà è qualcosa di particolare: nasce dalla scelta, dalla confessione e dall’affidamento, dal fidarsi e dall’affidarsi», nasce dalla libertà. Per capire meglio che cosa significa la fedeltà, analizziamo i tre momenti principali legati alla speranza che la costituisce: affidamento della speranza, accoglimento della speranza e il mantenimento della fedeltà a questa speranza. Affidando la sua speranza, l’uomo la affida ad una e non all’altra persona. Tischner sottolinea che «le confessioni avvengono senza la coercizione. La persona si confida, nonostante che non deve». Sia la decisione d’affidarsi, sia la scelta di confidente della speranza sono degli atti della libertà umana. L’affidamento cambia il modo di capire il mondo, fa che «l’uomo, del quale mi sono fidato è per me più presente che io stesso per me stesso». In lui è la mia speranza, da lui dipende la mia futura sorte.
«Chi si confida si affida», rileva Tischner, si affida all’altro. Se il fiduciario della speranza si dimostrerà infedele la speranza sarà delusa e ferita; è possibile che la ferita sarà così grande che colui che si è affidato perderà persino la capacita dell’affidarsi. Nell’affidamento è inscritta la speranza della fedeltà del fiduciario e della sua capacità di riconoscere e scegliere il bene. Colui che è stato scelto come il fiduciario, può accogliere la speranza che gli è stata affidata oppure non accoglierla, ossia rifiutarla. Indipendentemente dalla scelta, dovrà sempre rispondere ad una domanda elementare: «che cosa devo fare con quell’affidamento?». La risposta sarà la manifestazione del suo atteggiamento verso il bene e i valori.
La speranza ci svela un'altra dimensione della fedeltà, che viene espressa con la parola “responsabilità”. La responsabilità in quanto «la manifestazione della fedeltà umana» è legata al bene comune, ovvero al valore tra le persone. Il fiduciario è responsabile dell’affidamento, della speranza che gli è stata affidata e dell’uomo stesso che gli si è affidato. È responsabile dell’influenza che i suoi atti (il mantenere o il non-mantenere la fedeltà) possono avere sulla vita dell'altro. La responsabilità del fiduciario si differenzia relativamente al valore a cui si riferisce la fedeltà; mantenere la fedeltà alla promessa di annaffiare le piante a casa di un amico non è paragonabile al mantenere la promessa di essere sincero con il coniuge o con un amico. Nello spazio della fedeltà esiste
la massima esperienza della responsabilità è la massima esperienza della fedeltà. Essa si realizza quando fra
le due persone si è creato il reciproco affidamento della speranza più intima e, nello stesso tempo, più eroica.
[...] In quel momento la responsabilità per la speranza diventa una responsabilità per l’umanità dell’uomo stesso.
E allora la nostra fedeltà deve essere assoluta, totale.
Che cos’è e a che cosa si riferisce la «più intima» e «più eroica» speranza dell’uomo? Non è una domanda semplice cui si può dare una risposta univoca. Ogni uomo è diverso e per ognuno qualcosa di diverso costituisce il valore del mondo e della vita. Sì può dire soltanto che tale speranza è unita al bene più importante, ossia fondamentale dalla realizzazione del quale è condizionato il valore di tutti gli altri beni che possono apparire nella vita dell’uomo. Se l’altro tradirà la sua speranza più elementare, tutte le altre fedeltà non avranno alcun significato, perché a causa di quel tradimento non esisterà ciò che dà a loro il valore e senso.
Indipendentemente se si parla della fedeltà alla speranza più essenziale, oppure ad una di quelle meno importanti, non mantenerla significa sempre compiere il male. Significa non mantenere la fedeltà alla speranza dell’altro e anche a sé stesso in quanto colui che precedentemente ha fatto la promessa della fedeltà. Equivale a contraddire sé stesso perché, come sottolinea Tischner, «la fedeltà è il modo per mantenere la propria identità». Essa è il modo per salvarsi e la testimonianza della libertà tramite la quale arriva il bene.
La libertà si realizza nel tempo, dove avviene anche la fedeltà che come tale «si dirige verso il futuro». Il tempo mostra la nascita e la durata della fedeltà. Il suo passato dona all’uomo la forza per non sprecare il futuro in nessuno degli attimi del presente. La fedeltà che è riuscito a mantenere nel passato gli fa capire che è abbastanza forte per non cedere nella tentazione del male. Gli ricorda che è capace di mantenere la fedeltà e che il tradimento cancellerebbe e sprecherebbe tutto ciò che è riuscito a realizzare prima. La fedeltà che Marcel chiama «la segreta facoltà di rinnovamento», è una forza sulla quale l’uomo si può basare nei momenti della prova. Qui si manifesta il paradosso della fedeltà secondo il quale nel momento della prova della fedeltà, bisogna basarsi sulla fedeltà stessa che quanto tale è «il segno dell’Assoluto». La fedeltà ci dirige al Bene Assoluto che ha creato l’uomo affinché egli realizzi il bene e sia libero con la vera libertà che, come dice Tischner, è un modo dell’esistenza del bene.
Il futuro della speranza si mostra all’uomo come un bene che avviene fra le due persone. Uno dei particolari tipi della fedeltà è la fedeltà presente nel matrimonio. Tischner sottolinea che «la fede nunziale è il simbolo della fedeltà ad un passato e nello stesso tempo il preavviso di un determinato modo di accogliere il futuro che si sta avvicinando». La fedeltà al passato significa la fedeltà al bene inteso come l’amore che ha unito due persone e alla promessa matrimoniale fatta davanti al Dio. La fedeltà al futuro si dirige verso un futuro comune, in cui avverrà lo sviluppo e il perfezionamento di un insieme dialogico. È così perché, come sottolinea Marcel, «la fedeltà, quando è autentica è creativa», nel suo spazio l’uomo scopre e perfeziona sé stesso. La fedeltà perde la creatività quando si trasforma nel mantenere e conservare il passato, quando l’uomo diventa sordo alla sua verità interiore e non segue più la sua voce. Da quel momento non si tratta più di un bene, ma soltanto delle apparenze e che «non si dica che è stato vinto dalle circostanze», che a causa degli avvenimenti è caduto alla tentazione del male e non è riuscito a mantenere la fedeltà.
Nella filosofia di Tischner la fedeltà non è una limitazione della libertà, non rappresenta le catene che vengono messe per esempio dall’unione matrimoniale o dal legame di amicizia, tutto il contrario: la fedeltà è la conferma della libertà. La conferma di una libertà vera, cioè questa che sceglie e realizza il bene.
Pensando alla fedeltà che emerge dalle opere dell’autore della Filosofia del dramma, bisogna ricordare che egli è un pensatore profondamente cristiano e che nei suoi testi, come «nella biblica concezione dell’amore – la fedeltà è la fedeltà sopra ogni altra cosa». Nessun evento e nessun’avversità della sorte esonerano l’uomo dalla fedeltà, neppure il fatto che l’altro l’ha tradito non significa che lui può ripagare con lo stesso gesto. Ripetiamo che «la fedeltà è la fedeltà sopra ogni altra cosa», perché si dirige non soltanto all’altro uomo, ma anche al Bene Assoluto il segno del quale si trova in lui.
La fedeltà intesa come un volto della libertà è unita inseparabilmente al bene. Se non ci fosse il bene, la fedeltà non avrebbe il valore a cui fondarsi e a cui dirigersi e quindi non potrebbe esistere. La fedeltà si dirige all’altro che viene considerato come un bene e al bene realizzato insieme a lui – al bene-tra-di-noi. Quando non esiste più il bene-tra-di-noi, la fedeltà diventa soltanto il restare nella scelta fatta nel passato che è diventato un lontano ricordo senza l’ispirazione che permette di creare e allora l’uomo diventa come l’artista che invece di creare «consapevolmente copia se stesso». La fedeltà è basata sul bene e perciò l’uomo non sarà fedele lì, dove non vede alcun bene, potrà solo mantenere un’esteriore forma di quello che ha creato nel passato e che dentro, con il passare del tempo, è diventato vuoto.
Conclusione
Il tradimento e la fedeltà, considerati nelle opere di Tischner, dirigono l’uomo verso due diverse direzioni. Scegliendo il tradimento, l’uomo rischia di perdere sé stesso e la sua libertà. Scegliendo la fedeltà, e nello stesso tempo il bene di cui essa è la manifestazione, si perfeziona e matura.
Con ogni atto che realizza e conferma la fedeltà, l'uomo si avvicina al Dio che l’ha creato alla Sua somiglianza, al Dio che anche se viene tradito dall’uomo, non contraccambia mai con la stessa azione, non tradisce. Egli rappresenta la fedeltà assoluta, immune ad ogni tentazione e debolezza.
Libero uomo drammatico diventa il testimone del Bene Assoluto nel mondo delle relazioni interpersonali, diventa colui che si dirige verso l’altro per realizzare il bene. Dio gli dà la forza di non rispondere al male e al tradimento con il male e con il tradimento, gli mostra l’amore più forte e più grande di ogni altra cosa, l’amore da cui nasce il perdono.